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Partiamo dall’ultimo capitolo di questa vicenda, non ancora conclusa. Il TAR del Lazio, con le sentenze n. 02613/2023 e n. 02616/2023, ha momentaneamente annullato le limitazioni all’uso della cannabis imposte da un decreto ministeriale del 2022.

In quell’anno, infatti, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali aveva emanato il Decreto sulle Piante Officinali in cui veniva inclusa anche la cannabis sativa industriale. In pratica la canapa usata per moltissimi prodotti veniva annoverata come pianta officinale. Il problema, però, è che veniva sottoposta a forti limitazioni legate sia alla coltivazione, sia al suo utilizzo.

Il punto critico era l’articolo 1, comma 4, che consentiva l’uso di solo alcune parti della pianta di canapa e cioè dei semi e della fibra. Impediva invece l’impiego di foglie e infiorescenze, in realtà fondamentali per la filiera.

Può sembrare un piccolo dettaglio ma non lo è affatto. Una limitazione simile, infatti, mette a dura prova molte aziende del settore, minandone anche la sopravvivenza. Per questo e per molte altre ragioni le principali associazioni del comparto (Canapa Sativa Italia, insieme a Sardinia Cannabis. Resilienza Italia Onlus e Federcanapa) decisero di impugnare il decreto e porlo all’attenzione del TAR del Lazio.

Ora è arrivata la risposta: le sentenze del TAR riaffermano infatti il diritto di coltivare e utilizzare l’intera pianta di canapa, sempre attenendosi comunque alle imposizioni dalla legge 242/2016 che regola il settore.

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Dopo la sentenza del TAR sulla cannabis cosa succederà?

I Ministeri competenti, quelli della Salute, dell’Ambiente e dell’Agricoltura, però, hanno impugnato la sentenza del TAR. Hanno quindi presentato ricorso al Consiglio di Stato con un unico obiettivo: ripristinare le limitazioni del Decreto del 2022. Per i Ministeri, infatti, una disciplina più rigida sull’uso e la coltivazione della canapa sativa preverrebbe gli usi non autorizzati della cannabis e di conseguenza anche la salute pubblica.

Il Consiglio di Stato ha quindi fissato una prima udienza il 2 ottobre 2025. Inoltre, ha concesso un termine massimo di 30 giorni per presentare eventuali memorie integrative.

Se il Consiglio di Stato dovesse confermare del tutto la sentenza del TAR, tutte le restrizioni imposte dal decreto ministeriale del 2022 verrebbero cancellate perché in contrasto con la legge 242/2016. E anche con le direttive della comunità europea che promuove una libera commercializzazione dei prodotti derivati dalla canapa.

In alternativa, il Consiglio di Stato potrebbe affermare che il Decreto sulle piante officinali non deve essere interpretato in modo restrittivo. Significherebbe quindi che anche le infiorescenze e le foglie possono essere coltivate e utilizzate senza limitazioni.

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Perché è importante che la sentenza del TAR sulla Cannabis venga confermata

I punti critici del Decreto sulle Piante Officinali, contestato dal TAR e tanto voluto dai Ministeri, sono molti. Il primo è che non tiene assolutamente conto dei benefici della canapa sativa e soprattutto del CBD in essa contenuto. Ormai è infatti assodato che il Cannabidiolo (CBD, appunto) abbia importanti proprietà lenitive, antinfiammatorie, ansiolitiche, calmanti, regolatrici e analgestiche. Così come è noto che il CBD, a differenza del THC presente nella marijuana illegale, non causa effetti stupefacenti.

Altri stati europei lo hanno capito da tempo, approvando politiche di apertura nei confronti dell’impiego dell’erba legale e cioè con contenuti di THC impercettibili e sempre inferiori allo 0,6%, così come imposto dalla legge 242/2026. Per questo le limitazioni imposte dal Decreto sulle Piante Officinali sono così anacronistiche rispetto alle posizioni di gran parte d’Europa.

Inoltre, tali restrizioni impedirebbero la commercializzazione di prodotti davvero validi, di alta qualità e di aiuto per migliorare la qualità della vita di molte persone.

Sono elementi importanti che speriamo siano presi in giusta considerazione anche dal Consiglio di Stato. 

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